Il 24 Febbraio abbandonavo definitivamente il Vietnam ed entravo per una seconda volta in Laos.
Un breve passaggio in un paese che già avevo vissuto, per incontrare due amici e per riuscire a raggiungere – via terra – quella che era, fin dall’inizio, la meta ultima del mio viaggio.
Una meta tanto esotica quanto lontana, ripensando al giorno in cui ero partito.
Una meta che, quel 28 Febbraio 2017, finalmente, si srotolava lì davanti ai miei occhi: la Thailandia.
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25 Febbraio, Pakse | Giorno 269 🇱🇦
Conobbi per la prima volta Donatella e Gaetano, pur essendo parenti alla lontana, soltanto pochi giorni prima di partire per questo lungo viaggio. Fu uno dei miei cari zii che mi raccontò dei loro viaggi e delle loro avventure in giro per il mondo, in anni non sospetti, quando io ancora ero poco più che un bambino.
Durante il nostro primo incontro ci fu all’istante una naturale intesa, una profonda stima ed un’estrema curiosità relativa alle proprie storie. Quando mi invitarono a cena e la mia bicicletta già scalpitava per via della partenza imminente, ricordo che rivelai loro di non avere la minima idea di dove sarei arrivato nei mesi a venire.
Avevo in mente soltanto un progetto strampalato, nulla di più.
Sarei partito – quella era l’unica cosa di cui ero certo – con l’idea di girare un poco l’Europa, poi forse in Russia, poi forse in Mongolia e Cina, poi forse in Sud Est asiatico. Senza aerei.
Mi rincuorarono e motivarono, descrivendomi la loro piccola casa in un remoto paradiso nel Nord della Thailandia, dove avrei sempre potuto trovare ristoro ed un punto di appoggio – nel caso fossi mai riuscito ad arrivarci – anche in caso di loro assenza.
L’Asia, allora, era solamente un lontano miraggio, che mai in cuor mio avrei mai pensato di riuscire a raggiungere davvero.
Da quel dì, tuttavia, la Thailandia divenne per me la meta finale di questo viaggio. Inconsciamente – forse proprio per via di quel loro incondizionato aiuto o forse perché realmente mi sembrava qualcosa di impossibile, in quei giorni – l’avevo eletta a destinazione conclusiva di quello che sarebbe stato il mio ipotetico percorso.
Ebbene oggi, dopo nove mesi, li ho incontrati di nuovo. A Pakse, in Laos.
Loro si trovano qui per un breve periodo di vacanza nella terra che considerano come la loro seconda dimora.
Ed io mi trovo qui perché mi appresto ad entrare finalmente in Thailandia, e così, presumibilmente, a terminare anche la mia buffa avventura.
Due persone che parlano coi loro occhi, coi loro cuori ed i loro sorrisi.
Una coppia meravigliosa, due incredibili viaggiatori … e due amici veri.
Con cui è stato bello raccontarsi per ore, ridere allegramente, abbracciarsi di spirito e provare a ideare, proprio come la prima volta, nuovi ed impossibili – chissà! – progetti strampalati.

26 Febbraio, Pakse | Giorno 270 🇱🇦
Non riesco ancora a capire perché abbia deciso di tornare, anche se soltanto per pochi giorni, in questo posto.
Qui.
In Laos.
27 Febbraio, Pakse | Giorno 271 🇱🇦
Dopo aver viaggiato in tutti e tre i paesi, posso dire di aver conosciuto, capito e provato sulla mia pelle il significato dello splendido detto:
“Il Vietnamita semina il riso, il Cambogiano lo guarda crescere ed il Lao lo ascolta mentre cresce”
Ecco, in queste poche parole è forse racchiuso il vero motivo per cui sono tornato in Laos, prima del rush finale (forse).
Perché il Laos non è soltanto un Paese.
Il Laos è anche uno stile di vita.
Il Laos … è uno stato della mente.
PS: la foto non è di oggi, è stata scattata qualche giorno fa a Savannakhet; tutto quello che c’è da dire su questa terra meravigliosa, lo si può vedere qui. E quella lì davanti, al di là del Mekong … è già Thailandia.
Dove andrò domani.
E sarà un giorno davvero importante.

28 Febbraio, Arrivo in Thailandia | Giorno 272 🇹🇭
“Thailandia! Ha ha!” – dicevo.
A chi mi domandava fin dove volessi arrivare, fin da quel lontano 2 giugno 2016, non rispondevo altro che questo: “Thailandia! Ha ha!”
Dicevo “Thailandia” perché suonava esotico, favoloso, ambizioso, esuberante, spaventoso.
Dicevo “Thailandia” perché suonava impossibile.
Ero io stesso il primo a non crederci.
“Ha ha!” … ridevo di me.
Da allora ho vissuto un caleidoscopio incredibile di emozioni.
Un falò di sentimenti difficile da spiegare: sono partito spensierato, mi sono gasato, ho spinto, ho gioito, ho appreso, ho sudato, ho sofferto, mi sono spento, mi sono riacceso, ho sognato, ho creduto, ho amato, ho lasciato, mi sono seduto, mi sono rialzato, ho lottato, ho sperato, mi sono annoiato, ho pianto, ho goduto, ho barcollato.
Ho barcollato più volte.
Non ho mai mollato.
Me lo ripetevo di continuo, in tutti questi mesi.
Quel mantra assurdo che in qualche modo mi ha sempre fatto ridere, e mi ha permesso di continuare.
Pazzo dovevo sembrare, alle volte.
“Thailandia! Ha ha!”
Oggi, ragazzi, 28 Febbraio 2017, è un giorno che non dimenticherò mai.
È arrivata.
Eccola qui.
Ce l’ho fatta.
Ce l’ho fatta cazzo!
“Thailandia! Ha ha!”
Potrei dire un milione di cose.
Potrei dire che oggi mi sento invincibile.
Potrei dire che non c’è nulla che mi faccia paura.
Potrei lasciarmi andare a frasi retoriche melense tipo “Carpe Diem!”, “Segui i tuoi sogni!” oppure “Nulla è impossibile, se ci credi!”.
Tutto molto bello.
Tutto molto vero, anche, se vogliamo.
Ma in realtà sono in grado di dire soltanto una cosa, oggi.
Una cosa che non avrei creduto di poter riuscire a dire mai.
Semplicemente, e pure un po’ tristemente, ho smesso di ridere.
In quanto a sorridere, però, ragazzi … mi sa che ho appena cominciato!
“Thailandia! Ha ha!”

1 Marzo, Ubon Ratchathani (Thailandia) | Giorno 273 🇹🇭
Un’accoglienza di questo tipo, dalla Thailandia, non me la sarei mai potuta nemmeno immaginare.
Ieri:
– La mia prima notte in un tempio, ospite dei monaci buddhisti di Chongmek
– Un pesce alla griglia, comprato da un venditore ambulante, di una goduria gustativa imperiale e pressoché regalato
Oggi:
– Un’alba accecante, proveniente dal Laos
– Strade perfette, quasi uscite da un videogioco
– Sorrisi e saluti in ogni villaggio, o ad ogni posto di blocco
– Paesaggi che sembrano fluire da un racconto di Maupassant
– Monaci che camminano sul ciglio della strada (a sinistra, la guida in Thailandia è come in Inghilterra), e si accorgono del tuo passaggio anche senza voltarsi
– I volti dolci e rassicuranti di Re Bhumibol, la cui morte ad ottobre ha gettato il Paese in un sommesso e struggente anno di lutto, e della sua Regina, in ogni dove
– Un caldo MI CI DIA LE, per 100 chilometri
– L’arrivo nella prima città Thailandese di questo viaggio, Ubon Ratchathani, dove ho potuto rivedere un bel parco cittadino dopo tempo immemorabile
– L’ospitalità amichevole ed inattesa di Scott, un professore australiano (cicloviaggiatore a sua volta) conosciuto attraverso la comunità di WarmShowers
Se questo è solo l’inizio … mi sa tanto che ne vedremo davvero delle belle.
2 Marzo, Ubon Ratchathani (Thailandia) | Giorno 274 🇹🇭
“E quindi? Come ti sembra questa Ubon Ratchathani?”
“Bellissima.”
“Oh, bene! Racconta! Che cosa hai visto o fatto oggi?”
“Nulla. Faceva troppo caldo. Ho passato tutto il giorno tra una caffetteria ed un parco. Non ho fatto o visto davvero nulla.”
“Ah. E come fai a dire allora che è bellissima?”
“Boh. Sai quando ti basi sulle sensazioni? Ecco, é stato po’ così. Sono rimasto al bar a leggere per due ore, vicino alla porta di ingresso, e chiunque entrasse – credimi, chiunque! – mi salutava e mi sorrideva. Il caffè era pure buono. Poi sono andato al parco. Il caldo era opprimente, così ho cercato uno spiazzo all’ombra e mi ci sono sdraiato. Ho cazzeggiato e letto un altro po’, circondato dal cinguettio degli uccelli e allietato da una tiepida brezza. Poi mi sono appisolato. Mi hanno risvegliato le risate di alcuni bambini appena usciti da scuola ed il sole stesso; aveva aggirato l’albero sotto la cui ombra mi ero riparato ed aveva iniziato a incendiarmi il polpaccio. Ho osservato i bambini studiare all’aperto attraverso i raggi di una ruota della mia bicicletta. Ho bevuto del succo di lychee ed atteso un altro po’. Quindi degli altri bambini si sono messi a giocare a calcio sul prato di fronte, a due passi da un monumento luccicante, e, senza proferire alcun tipo di parola, mi hanno fatto cenno di unirmi a loro. Senza neanche accorgermene ero già in piedi e stavo camminando verso il campo, pronto a sporcarmi i piedi insieme a loro. Un’ora dopo, un soffice tramonto. Il parco era già stato invaso da decine di ragazzi. C’era chi giocava a basket, chi faceva jogging, chi ascoltava musica o chi semplicemente camminava in completa serenità, ora che la temperatura si era fatta più vivibile. Gli uccelli, nel frattempo, non avevano mai smesso – neanche per un secondo – di cinguettare.
Vedi, amico mio: tutto questo, per me … è davvero bellissimo.”

3 Marzo, Ubon Ratchathani (Thailandia) | Giorno 275 🇹🇭
Una proposta inaspettata e quanto mai sorprendente, che forse cambierà le sorti dei miei prossimi 3 o 6 mesi?
Forse sì. Ma è ancora troppo presto per parlarne.
Nel frattempo leggo un libro su Shah Reza Pahlavi, sotto un acchiappasogni accarezzato dal vento.
Ed in serata salto su un treno.
Notturno.
Nuovi sogni itineranti ad attendermi.
Un treno per una città mitica, affascinante e mostruosa.
Un treno per Bangkok.

4 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 276 🇹🇭
Ciao, città dal nome corto!
Bello ritrovarti dopo quasi 8 anni, “Krungthepmahanakhon Amonrattanakosin Mahintharayutthaya Mahadilokphop Noppharatratchaniburiron Udomratchaniwetmahasathan Amonphimanawatansathit Sakkathattiyawitsanukamprasit” (che tradotto significa qualcosa come “La Città degli angeli, la grande città, la città della gioia eterna, la città impenetrabile del dio Indra, la magnifica capitale del mondo dotata di gemme preziose, la città felice, che abbonda nel colossale palazzo reale, il quale è simile alla casa divina dove regnano gli dei reincarnati, una città benedetta da Indra e costruita per Vishnukam”)!
Felice di rivederti, Bangkok!

5 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 277 🇹🇭
Non è la prima volta che capito a Bangkok.
Ci venni già diversi anni fa, in compagnia di amici, rimanendoci solo un paio di giorni.
Ricordo che non feci nulla, né vidi nulla, allora.
La città era costretta in una cappa di caldo allucinante ed io ne rimasi spaventato fin dal principio: arrivammo con un volo serale e, mentre l’aereo era in fase d’atterraggio e guardavo fuori dai finestrini, non riuscii a distinguere nessun tipo di fine in quella città sterminata.
Oggi, preso ancora dall’euforia dell’arrivo di ieri, ho pensato che fosse il momento di scoprire qualcosa di più di Bangkok e così mi sono avviato verso Palazzo Reale ed il famoso Wat Pho.
Vero che ho preso alloggio in un ostello che non si trova esattamente nel centro, ma come fai a individuare un “centro” in una città che è grande all’incirca quanto una regione italiana?
Ho preso un treno (il futuristico sopraelevato Skytrain), poi un altro, poi una barca. Quasi 2 ore dopo ero di fronte a Palazzo Reale, dove sono stato investito da un’afa opprimente, una marea di turisti ed una cacofonía di rumori ancora più angosciante. Una volta al Tempio di Wat Pho ho resistito a malapena mezz’ora, per lo più seduto sotto un albero, ed ho capito – ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno – di non essere fatto per gli ambienti cittadini. Non di questa misura, per lo meno.
Bangkok è una città che ti avvolge, ti seduce, ti ammalia, ti emoziona, ti conquista, ti mastica, ti spolpa, ti rumina e poi ti inghiotte.
C’è chi ne esce innamorato, e chi invece distrutto. Annientato.
Io rientro in questa seconda categoria.
È in giorni e situazioni come quelle di oggi che rimpiango cittadine come Lubiana, Novi Sad, Tallinn, o luoghi ancora più timidi come la valle del fiume Yulong, il villaggio di Shaxi e l’isola di Olkhon.
Se non fosse stato per alcuni incontri che non volevo perdermi, probabilmente a Bangkok non ci sarei nemmeno mai venuto, o di certo me ne sarei già andato.
Ma, dopo nove mesi di viaggio, ho appreso ormai che nulla avviene per caso e che anche qui troverò un nuovo ed importante tassello di quel grande puzzle che sto cercando di completare da tanto tempo.
Non ho la minima idea di quale possa essere, ma lo cercherò. Lo aspetterò.
Lo terrò stretto nel mio pugno, quando lo scoveró.
Sempre ammesso che, in maniera quanto mai travolgente, non mi abbia già trovato lui stesso.

6 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 278 🇹🇭
“Come quella volta in Pakistan, quando dovetti essere scortato su una camionetta militare per alcune centinaia di chilometri, attraverso la regione del Beluchistan.
O quando nel Nord del Myanmar viaggiai con altri 7 motociclisti, perché potevamo farlo soltanto in gruppo, con la polizia a non perderci mai d’occhio, e non vedemmo un turista per giorni interi.
O quando, poche settimane fa, decisi di guidare in una strada poco segnalata attraverso le valli aride della Cambogia, vicino a Battambang, e di colpo mi trovai con la moto a terra, senza acqua, senza cibo, nel mezzo del nulla e con un alveare di api a pochi passi e a prendersi gioco di me. Ci misi più di 3 ore a smontare la moto e a rimontarla, sperando che non mi lasciasse proprio lì. Stavo quasi per piangere, ma alla fine – chissà come – ne sono uscito. E ora posso ridere un’altra volta!”
Max fu colui che, per pura coincidenza, incontrai alle pendici di una cascata secca nei pressi di Tad Lo – un giorno di Gennaio che mi avventurai a piedi nei dintorni del Bolaven – e che mi diede uno strappo per raggiungere la vetta del monte.
Lo incontrai di nuovo sull’isola di Don Det, poco tempo dopo; birre e amaca furono il nostro passatempo per qualche giorno.
Oggi, due mesi dopo, lo riabbraccio a Bangkok.
Di fronte a lui ed alla sua enorme moto mi sento come un bambino al primo giorno delle elementari.
27 anni, tedesco, con un sorriso contagioso ed energia da vendere, Max è partito dalla Germania a bordo del suo mezzo poche settimane prima di me.
Uno di quei viaggiatori che staresti ad ascoltare per ore.
Uno di quegli amici con cui ti intendi all’istante.
Una di quelle persone che hanno bisogno di poco per essere felici, che guardano al mondo con umiltà ed occhio curioso … e da cui non smetteresti mai di imparare.
Bangkok, in fondo, qualcosa di buono me l’ha già regalato.
E non è ancora finita qui.

7 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 279 🇹🇭
“Lo so che è una domanda stupida, Simone. Ma se ti domandassi qual è il paese che ti ha lasciato di più in questo viaggio … quale mi indicheresti?”
“Guarda, Vieri, mi è impossibile eleggerne uno in assoluto. Sono sempre più convinto che la vera differenza, alla fine, la facciano le persone. Non i posti. E, ovviamente, come ti approcci tu ad esse. Ogni Nazione che ho attraversato mi ha donato ricordi indelebili: dalla bellezza della cara decadente Europa agli infiniti spazi in Russia, dai paesaggi mozzafiato della Mongolia alle diversità affascinanti della Cina, dalla perfezione apparente del Giappone ai profumi e i sorrisi del Vietnam e della Cambogia, dalla natura del Laos alla gentilezza che sto scoprendo ora in Thailandia. Molto altro mi aspetterà, e non vedo l’ora di scoprire nuovi luoghi. Ma, fondamentalmente, so già che le emozioni più forti, quelle più vere, arriveranno come sempre dalle persone. Quando ripenso alle gioie più profonde di questi dieci mesi, mi viene in mente quel bambino che voleva suonare l’hang con me sulla Transiberiana, o quella coppia di ragazzi Cinesi che mi ha ospitato a Xian per una settimana e con cui ogni sera finivamo per suonare fino a notte inoltrata, oppure i bambini dell’orfanatrofio di Battambang e l’aiuto incondizionato ricevuto da persone pressoché sconosciute, che mi hanno aperto le porte di casa loro e dei loro cuori a Mosca, Osaka, Chengdu, Ho Chi Minh e in decine di altre città, paeselli o villaggi in cui mi sono fermato. È esattamente questo ciò che mi spinge ad andare avanti nei momenti in cui potrei anche mollare: sapere che c’è ancora molto altro là fuori da scoprire, da conoscere, da condividere con le persone. Altro al di fuori di me, e al contempo parte di me. È proprio lì che è diretta la mia strada. É lì che sto andando. Perchè altro sarei partito, altrimenti?”
Potrei scrivere per giorni interi a riguardo di Simone e del suo viaggio.
Non perché siamo amici da anni ed abbiamo vissuto dozzine di avventure insieme, né perché da diversi mesi ho iniziato a seguire il suo percorso (geograficamente molto simile al mio, in aggiunta, anche se Simone ha intenzione di continuare e raggiungere l’Australia, attraversarla per 4000 chilometri, imbarcarsi per un mese su un cargo e poi scoprire le Americhe in un altro anno di vita) attraverso il suo Blog (vi invito a segirlo: Wanderhang – viaggio dentro al mondo), e mi basterebbe andare a ripescare le sue parole.
Bensì, semplicemente, perché, quando incontri una persona per certi aspetti davvero uguale a te, non dovresti far altro che scrivere di te stesso.
E lasciare che tutto fluisca.
Da sé.
Come la musica.

8 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 280 🇹🇭
Ci sono giorni in cui non serve scrivere molto.
L’8 Marzo è uno di quelli.

9 Marzo, Bangkok (Thailandia) | Giorno 281 🇹🇭
Non parlo quasi mai della mia bicicletta.
Tutti sapete che è una pieghevole (una Brompton), anche se io non ne scrivo in pratica mai.
In Grecia, quando tutto iniziò, la facevo comparire molto più spesso, talvolta appoggiata ad un monastero o in mezzo alle bougainvillea fucsia delle Cicladi, talvolta sonnecchiante su una spiaggia insieme a me.
Durante questo lungo viaggio, invece, potrete confermare che non è stata una presenza costante dei miei post.
Eppure, c’è sempre stata.
Ovunque io fossi – a sudare per strada, sui bus in Europa e sui treni in Russia, nei villaggi della Cina, tra le montagne del Laos e i campi del Vietnam – lei c’era.
Non le ho mai dato un vero e proprio nome, come sono soliti fare i cicloviaggiatori più seri.
So soltanto che per me è da sempre una LEI, che talvolta mi sono trovato a chiamarla “la vecchia Betsy” – come la balestra di Crucco e Tonto del cartone di “Robin Hood” – e che non mi ha mai abbandonato.
Qualche foratura (comprensibile, in 9 mesi), pochi problemi (più che altro dovuti ai ricambi introvabili in Cina) e nient’altro.
Solo tanta strada insieme.
Tanta, tanta, tanta strada insieme.
Negli ultimi tempi invocava qualche attenzione in più: un cambio di pneumatici, un controllo ai freni, un check-up dettagliato ed una profonda pulizia. Tutte cose che ricevetti a Milano, prima di partire, dagli amici del Brompton Junction e di Brompton Italia, e che non avrei mai rifatto, da solo. A Bangkok – tra le altre cose – sono venuto (e rimasto tanto) proprio per questo: cercare qualche professionista che lo facesse per me.
Mai, tuttavia, avrei sperato di poter trovare, in un piccolo ed apparentemente banale negozio di biciclette, ciò che ho trovato al Velotique on Ekkamai.
Non soltanto tutto quello che poteva servire a LEI, ma anche (e soprattutto) la grande passione, la competenza, la gentilezza e la semplicità che due persone che non avevo mai conosciuto prima mi hanno regalato all’istante, spontaneamente.
Arrivare a Bangkok e cercare un negozio cui pagare un servizio, è un conto.
Andare via da Bangkok con una bici rimessa a nuovo in tempi record, due magliette regalo uniche, un articolo su un magazine nazionale e – soprattutto – l’amicizia sincera di Kris e Dear … è qualcosa che per me non ha prezzo.
Questo, comunque, succedeva ieri.
Il giorno 281 parla di interminabili ore su rotaie, in direzione oceano.
Presto nuove decisioni andranno prese – alcune potenzialmente importanti – e per poterlo fare al meglio … mi serve il mare.
Quindi, insieme alla mia inseparabile “vecchia Betsy” rimessa a lucido, attendo il tramonto appoggiato al finestrino di un treno Thailandese, in corsa verso Sud, alimentato da un vento furioso.
Una cosa che, in fin dei conti, non avevo ancora mai fatto.
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MAPPA DEI LUOGHI