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CINA

CINA: da Hong Kong a Kashgar, verso la Via della Seta (28 Luglio – 24 Agosto)

Febbraio 15, 2018
Home » VIA DELLA SETA » CINA » CINA: da Hong Kong a Kashgar, verso la Via della Seta (28 Luglio – 24 Agosto)

La PRIMA PARTE del viaggio, da Milano a Bangkok, si chiuse dopo dieci mesi con un rientro a sorpresa.
La SECONDA PARTE – un’avventura immaginata per anni, da percorrere a ritroso lungo l’antica Via della Seta – ricominciava ad Hong Kong.
Poco meno di un mese, per incrociare il vecchio cammino a Yangshuo, attraversare le regioni tibetane del Sichuan e del Qinghai e raggiungere le città mitiche di Turpan e Kashgar … prima di valicare in Kirghizistan.

_______________________________________________________________________________________________

RIPARTENZA
Non c’è molto altro da dire oggi.
E soprattutto … non ci riuscirei nemmeno.

Ripartenza

Atterraggio, Hong Kong 🇭🇰
Dopo 3 ore di ritardo a Milano e 4 a Istanbul per una tempesta che ha spolverato mezza Turchia, credevo che, se mai fossi riuscito ad arrivare a Hong Kong, avrei dovuto sicuramente attendere per giorni i miei bagagli.
E invece no, eccoci tutti qui.
Freschi come rose.
Maglione Arcobaleno incluso.
Con 33 gradi umidi alle 9 di sera, però, conviene aspettare un po’ a metterlo
… prima che mi trasformi davvero in una triglia (la faccia già c’è)
Ed ora, Hong Kong, a noi!

[ 28 Luglio 2017 ] Hong Kong Airport. 9 pm.

29 Luglio, Hong Kong ◀ Giorno 305 🇭🇰 – 🇨🇳 ▶
Avrei potuto rimanere di più di sole 15 ore.
Avrei potuto pedalare un po’ per le tue strade enormi, schivando le auto, zigzagando tra i grattacieli,
le bancarelle di tofu ed i negozi di pinne di squalo.
Avrei potuto godermi una birra mirando il tuo magnifico skyline notturno da qualche punto panoramico di Kowloon.
Avrei potuto far visita a qualche tuo Buddha, oppure cercare qualche piccolo specchio d’acqua balneabile,
per attenuare la canicola opprimente.
Avrei potuto rilassarmi un poco e conoscere qualche persona in più oltre a David, Xixi, Philip e la loro gentilezza quasi imbarazzante.
Avrei potuto spendere 30 Dollari per un posto letto, una notte in più, in una scatoletta di sardine.
Avrei potuto, ma non l’ho fatto.

Mi serve altro in questo momento, ed il richiamo della Cina è troppo forte.
Scusami se ti ho dedicato il tempo che si dedica normalmente ad un casellante, ma d’altronde lo sapevi già.
Comunque grazie anche a te, Hong Kong.
Grazie veramente.


[ 29 Luglio 2017 ] Confine Hong Kong – Cina a Lok Ma Chau. 3 pm.

30 Luglio, Yangshuo ◀ Giorno 306 🇨🇳 ▶
Ho lasciato Hong Kong in fretta e furia perché, come dicevo, il richiamo della Cina era troppo forte.
Non di tutta la Cina, ovviamente.
Bensì quella che avevo tanto amato.
Quella Cina che è fatta così.

[ 30 Luglio 2017 ] Yangshuo (Cina). Fiume Yulong. 6,30 pm.

31 Luglio, Yangshuo ◀ Giorno 307 🇨🇳 ▶
Lo scorso autunno, quando mi fermai allo Yangshuo Outside Inn per 40 giorni e la sera, finito di lavorare, andavo a nuotare nelle acque verde scuro del fiume Yulong, i Cinesi mi prendevano per pazzo.
Troppo freddo per loro, seppure con punte talvolta vicine ai 30 gradi. Semplicemente impensabile nuotare con l’inverno in arrivo, dato il gelo dell’acqua.

Per me, avendo sfidato in passato anche le acque dei ruscelli Dolomitici e del lago Bajkal, quei momenti non erano altro che puro e magico balsamo, racchiuso nel mezzo di un paesaggio di fantasia.
Ricordo che qualche amico (Simon, Sara, Rita, Winde, Annemiek) venne a buttarsi con me, in alcune occasioni.
Cinesi, mai.
“Troppo freddo! Tu sei matto!”, il ritornello.

Oggi – in piena e focosa estate cinese – complice anche il marrone delle acque del fiume Yulong (per via di una terribile inondazione che ha causato seri danni in molte vallate, poche settimane fa), ho scoperto per la prima volta quello che è il fiume principale di Yangshuo: il fiume Li.
Con esso, la meravigliosa piscina naturale che i Cinesi sono soliti usare per il loro divertente refrigerio e le loro simpatiche abluzioni (per due mesi all’anno soltanto, ovviamente).

Ed anche lo spettacolo del fiume Li, in fin dei conti, non è da considerarsi nemmeno poi tanto malvagio.

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1 Agosto, Yangshuo ◀ Giorno 308 🇨🇳 ▶
Una giornata intera a poltrire e lavoricchiare con i vecchi amici dello Yangshuo Outside Inn (dove sono ospite da ieri), trascorsa per lo più anche a recuperare interamente dal jet lag ed a decidere dove andare da domani (e, soprattutto, come farlo).

Verso la fine del pomeriggio poi – a temperature più vivibili (durante il giorno si suderebbe anche rimanendo sdraiati in una cassapanca rinchiusa in un frigorifero) – mi sono avventurato a piedi nei dintorni del villaggio di Chaolong e quindi, per l’ultima volta, verso il fiume Yulong, provando ad immergermi ancora in quelle immagini di vita rurale Cinese che tanto mi avevano rapito lo scorso Novembre, quando mi fermai a lavorare qui.
Eccovene alcune.

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2 Agosto, Yangshuo ◀ Giorno 309 🇨🇳 ▶
Come ultima immagine di Yangshuo – lasciata oggi / la foto è di ieri – ho scelto uno scatto dove la mia mano va ad incastrarsi a fianco delle due “montagne gemelle”, dal punto d’osservazione che più ho amato nella valle del fiume Yulong.
Un braccialetto, regalo di una persona importante, a cingere il mio polso.
Su di esso, alcuni numeri.

24.7785°N / 110.4966°E non sono altro che le coordinate di un luogo che, oltre ad essere meraviglioso, è quello dove la prima parte del mio viaggio (i dieci mesi da Milano a Bangkok, durante la quale vi rimasi per 40 giorni) incrocia perfettamente la seconda parte (di cui sono appena al quinto giorno).
Le coordinate di Yangshuo, Guangxi, Cina del Sud.
Ecco perché sono ritornato qui.

Dietro di me, un percorso già noto, assimilato e raccontato in ogni sua parte.
Davanti, un’avventura ancora tutta da scoprire.

Un’avventura che per ora ho soltanto disegnata negli occhi, e che alle volte mi spaventa non poco.
Un’avventura che proverò a vivere al meglio, giorno per giorno, e di cui ancora non so nulla.
A parte una cosa: che ricomincia da qui.

[ 1 Agosto 2017 ] Yangshuo (Cina). Fiume Yulong. 6 pm.

3 Agosto, Liuzhou ◀ Giorno 310 🇨🇳 ▶
La cosa bella, in Cina, quando si viaggia via terra, è che per spostarti da A a B hai 800 milioni di possibilità diverse (che è poi lo stesso numero dei Cinesi che si muovono solitamente, quando vanno in vacanza).

Due giorni fa ho deciso di dirigermi verso Chengdu, in Sichuan; da Yangshuo avrei potuto farlo passando per Xingping, oppure Guilin, oppure Sanjang e chissà quanti altri luoghi.
Ho optato per una città il cui nome mi era sconosciuto: Liuzhou.
Non tanto perché fossi interessato a vedere un’ennesima città enorme della Cina, bensì perché era l’unico viatico che ancora vendeva (online) dei biglietti in cuccetta, e non unicamente a sedere (le distanze sono importanti da queste parti).
Così ieri ho preso un comodo bus per Guilin e quindi stamane una connessione di un’ora in treno veloce per Liuzhou, con la mia Brompton (teoricamente preclusa ai viaggi in treno, come da regola per tutte le bici) camuffata da sacco di orchidee ed io carico come un somaro.

La cosa brutta invece, in Cina, quando si viaggia via terra, è che nel 99% dei casi non si capisce proprio un belino.

Così succede che, una volta a Liuzhou, scopri che devi cambiare stazione per via di lavori in corso, pedali alla rinfusa per mezz’ora chiedendo direzioni qua e là, raggiungi la stazione giusta grondante sudore, la scopri infinitamente grande, leggi cartelli e schermi scritti soltanto in Cinese e di colpo ti senti come un bambino di 2 anni di fronte ad un episodio di Peppa Pig.

Però poi c’è un’altra cosa bella, in Cina, quando si viaggia (in generale): e cioé che chiunque, in un modo o nell’altro, anche senza saper dire nemmeno “Yes” alle volte, si fa in quattro per aiutarti. E ti sorride, in una maniera che ti tranquillizza all’istante.

Allora Peppa Pig non la vedi più così assurda, ed arrivi fresco (quasi) e riposato (quasi) al posto numero 16, nella carrozza numero 1, al binario numero 4, dopo aver passato il check-in numero 2, presso la stazione di Liuzhou, in Guangxi.
Sereno, perché il grosso è stato fatto.
Per oggi.
Più o meno.

Ora non devi far altro che aspettare di arrivare a Chengdu.
Dopo un viaggio di 26 ore, insieme ad un gruppo scatenato di nuovi piccoli amici.
Però, almeno, da sdraiato.
In cima al letto più alto.

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4 Agosto, Chengdu ◀ Giorno 311 🇨🇳 ▶
26 ore filate di treno ed eccomi qui, a Chengdu!

Chengdu, che è “famosa” per:
– essere la capitale della provincia del Sichuan;
– essere la città dell’Ovest più grande della Cina (coi suoi quasi 15 milioni di abitanti);
– esser stata l’ultima città lasciata dal Kuomintang di Chiang Kai-shek, prima che Mao ed il Partito Comunista ne decretassero la definitiva sconfitta;
– essere un grande punto di richiamo turistico per chi voglia conoscere meglio i panda ed i parchi (o “Santuari”) ad essi dedicati.

Per me Chengdu – anche se mi limito solo ad un’occhiata veloce, e quindi superficiale:
– é una città enorme, spaventosa, calda, a tratti terrificante, piena di cemento e obrobri a forma di palazzo;
– nonostante quanto sopra, è estremamente facile e sicura da girare in bici (il treno mi ha lasciato alla Stazione Est, 13 km dal centro), con corsie ciclabili che potrebbero far concorrenza ad un circuito di Formula 1;
– sembra ricca di parchi e zone verdi, dove i Chengduesi (o Chengduini, oppure … sí, insomma, gli abitanti di Chengdu), abituati alla calura, praticano danze e sport di ogni tipo;
– é la patria dei peperoncini del Sichuan, di una cucina prelibata e di un piatto favoloso, il Gong Bao Ji Ding (pollo fritto / scottato al wok con porro, peperoncini freschi, peperoncini secchi, zenzero, noccioline tostate e salse) … che per 2 euro è uno degli insiemi di ingredienti più gustoso che abbia mai assaggiato;
– é il punto di partenza per salire verso le montagne del Tibet.

Ma, di questo, si parlerà da domani.

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5 Agosto, verso Kangding ◀ Giorno 312 🇨🇳 ▶
12 ore in autobus per fare 300 km non le avevo mai fatte prima.
12 ore di traffico, camion, code, noia, montagne, costruzioni apocalittiche e film cinesi.
Tutto questo per arrivare in tarda serata a Kangding, la porta del Tibet.
Speriamo che questa Kangding – e quello che verrà poi – ne sia valsa la pena.
Qualcosa mi dice di sì.

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6 Agosto, Kangding ◀ Giorno 313 🇨🇳 ▶
Una giornata intera a Kangding, chi l’avrebbe mai detto.
Kangding, la capitale della defunta provincia dello Xikang (smantellata nel 1950).
Kangding (in Cinese), Dartsedo (in Tibetano), il luogo che per secoli ha rappresentato il confine tra Cina e Tibet, dove mercanti carichi di tè arrivavano dall’Est per scambiare il loro tesoro con quello degli abitanti dell’Ovest, la lana.
Kangding, che oggi conta 100.000 abitanti (di cui circa metà tibetani di etnia Kham, e l’altra metà cinesi di etnia Han), dove il rampante turismo moderno sgomita e ruba spazio, giorno dopo giorno, a fiumi, ruote di preghiera, montagne e ghiacciai solenni.
Kangding, che oggi è parte del Sichuan, ma che ancora conserva il suo fascino di città di confine verso la mitica “terra delle nevi”.
Una terra di cui dovrei iniziare a scoprire qualcosa da domani, e di cui oggi ho appena appreso le magiche sfumature.

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7 Agosto, Tagong ◀ Giorno 314 🇨🇳 ▶
4000 metri per la prima volta!
E Tibet (anche se officialmente Sichuan) tutto intorno!

http://bicicladi.com/wp-content/uploads/2018/02/Video-Tagong.mp4

 

8 Agosto, Tagong ◀ Giorno 315 🇨🇳 ▶
Una camminata di 4 ore tra praterie a 4000 metri e montagne del Sichuan Tibetano, per acclimatarsi all’altitudine, raggiungere un villaggio (Ani Gompa) di sole monache donne ed iniziare a meravigliarsi dell’unicitá di questa remota zona della Cina … e del mondo in generale.

NOTE
Tagong – Ani Gompa: 3 ore a piedi.
Ani Gompa – Tagong: un’ora a piedi e due passaggi in autostop.

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9 Agosto, Tagong ◀ Giorno 316 🇨🇳 ▶
La Prefettura Autonoma Tibetana di Ganzi / Garnze (དཀར་ བོད་ རིགས་ རང་སྐྱོང་ ཁུལ་ in tibetano), nel Sichuan occidentale, copre un’area di 151.078 chilometri quadrati (circa la metà dell’Italia) e si trova in quella che da secoli é la regione tibetana dei Kham. Ha una popolazione di 1 milione di persone, di cui il 78% Kham Tibetani.

Sì, insomma, anche se non mi trovo ufficialmente in Tibet (servono permessi speciali oppure tour organizzati controllati dal governo per entrarvi) … è davvero come se mi trovassi in Tibet.
Parti notevolmente estese delle province del Sichuan, del Gansu e del Qinghai sono difatti ex Tibet, prima che nel 1950 cambiasse tutto.
I paesaggi sono tibetani, le montagne sono tibetane, le nevi sono tibetane e la cultura di base è tibetana, così come gran parte della popolazione.
Un po’ come trovarsi in Alto Adige invece che in Austria, per fare un esempio.

Cinesi e Kham Tibetani convivono insieme senza apparenti problemi, seppure sia ben chiaro quanto i secondi mal sopportino i primi (soprattutto i turisti provenienti dalle altre province, incarnazione del governo centrale); è bizzarro notare come questa sia una parte di mondo dove le tradizioni tibetane sono meno represse che in Tibet stesso, e come i tibetani si divertano ad applicare prezzi più alti ai cinesi piuttosto che agli altri stranieri.

È anche una zona estremamente serena ed affascinante, dove mi trovo da ormai 4 giorni e dove intendo potenzialmente trascorrere un po’ più di tempo.
Una zona dove capita di ascoltare preghiere buddhiste miste a clacson di camion gonfi di cemento, osservare venditori cinesi a fianco di tassisti tibetani, animali selvaggi, fiumi gelati, spaziare per ore in mezzo a praterie sterminate ed al cospetto di picchi imponenti.
E conoscere piccole storie.

Come quella di Max, Coco ed il piccolo Karel Yeshi.
Max ha 28 anni ed è di Praga. Vive in Cina (dapprima per studio e poi come insegnante) da 5 anni.
In vacanza a Tagong 3 anni fa ne è rimasto affascinato, decidendo di rimanerci. È subentrato alla gestione del Khampa Café Hostel (dove alloggio) e dopo poco tempo si è innamorato di Coco, coetanea tibetana.
Ora gestiscono insieme l’ostello ed una fabbrica di birra qui sull’altopiano, che intende rifornire di birra bio (prodotta con malto locale) tutti i venditori della Prefettura di Ganzi. Per adesso. Col tempo, poi, chissà.
Nel frattempo, insieme, Max e Coco, hanno avuto un figlio: Karel Yeshi, un terremoto di 11 mesi che dà del tu ai cavalli, beve latte di Yak e tra non molto sará anche un esperto trilingue (anzi quadrilingue, visto che i genitori tra di loro parlano in inglese) di momos tibetani (ravioli tipici) e birra Boema.

E ditemi se non è semplicemente ed esageratamente bello tutto questo …

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10 Agosto, Tagong ◀ Giorno 317 🇨🇳 ▶
Intermodalitá da praterie Tibetane:

PS: la foto è di ieri.
Oggi sono arrivato a Ganzi, dopo 7 ore di trasferimento in auto condivisa con 10 tibetani. Un’auto da 6.
Immaginate che freschezza.
E piove.
NOTE: 300 km / 130 Yuan (16€)

PS2: Ganzi, anche se sotto la pioggia, sembra molto interessante … ma la si lascia a domani!

[ 9 Agosto 2017 ] Tagong (Cina). Praterie. 4 pm.

11 Agosto, Ganzi ◀ Giorno 318 🇨🇳 ▶
Sicuramente non sono il primo occidentale a mettere piede a Ganzi (o Garze), Sichuan dell’Ovest, nell’omonima Prefettura Autonoma Tibetana (di Ganzi/Garze, appunto).
Eppure oggi, chissà perché, la sensazione – mai provata prima altrove – è stata proprio quella.

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12 Agosto, Ganzi ◀ Giorno 319 🇨🇳 ▶
Il giorno in cui ho sudato 3 magliette per spingere la mia Brompton fino a 4000 metri, visitare due templi abbarbicati sulle maestose montagne circondanti Ganzi e … far divertire i monaci tibetani.

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13 Agosto, verso Yushu ◀ Giorno 320 🇨🇳 ▶

VIDEO

http://bicicladi.com/wp-content/uploads/2018/02/Video-auto-verso-Yushu.mp4

 

Ganzi – Yushu (480 km) di ieri, ecco come è andata.

Alle 6 sono già sveglio e pronto.
La sera prima, difatti, Neo – non il protagonista di Matrix, bensì uno dei ragazzi del Colorado che gestiscono l’ostello di Ganzi e che mi ha dato una mano per trovare un passaggio in auto per Yushu – mi allerta di preparare lo zaino e tenermi pronto a partire in qualsiasi momento: “Il guidatore mi chiamerà domattina, mezz’ora prima di partire. Vengo a svegliarti, così tu raggiungi il punto di ritrovo, ok? Chiede 150 Yuan (18 euro).
“Ok Neo. Tutto chiaro. Grazie.”

Alle 6, insomma, sono già sveglio.
Aspetto che Neo venga a bussare per dirmi di andare.
Alle 7, niente.
Alle 8 – mentre sono a letto a cazzeggiare da due ore – ancora niente.
Mi alzo. Salgo verso la sala principale dell’ostello. Tutto tace. Nessuno in reception, nessuno in cucina. Di Neo neanche l’ombra.
Verso le 9 arriva Jeff (uno dei gestori). Sorride. Ci salutiamo. Ordino un caffè.
Neo si palesa poco dopo: “Ehm … ora mando un messaggio al guidatore. In teoria avrebbe già dovuto chiamarmi …”
“No problem Neo. Mal che vada resterò un altro giorno qui. Fammi sapere che ti dice.”

Torna intorno alle 10: “Ok allora dice che viene direttamente a prenderti qui lui fra un po’. Intende partire alle 12 più o meno.”
“Ah, perfetto! Ma sei sicuro che abbia detto che mi porta a Yushu? Sono 480 km e se partiamo a mezzogiorno …”
“Sì sì, Yushu. Dice che qualche giorno fa ci ha messo solo 6 ore.”
“Benissimo.”

Un’ora dopo – alle 11 – si presenta il guidatore.
Non conosce una parola d’inglese, ma sorride e mi applaude quando piego la bici di fronte al suo sguardo perplesso.
L’auto è un fuoristrada che deve averne viste parecchie e romba che è un piacere.
“Magari ci mette davvero 6 ore” – mi rassicuro da solo.

In pochi minuti raggiungiamo il punto di carico / scarico dei vari guidatori.
Il mio – che per facilità chiamerò Enzo – si mette alla ricerca di altre persone dirette verso Yushu.
Subito ne arrivano due: Fausto e Ilario. Portano sacchi di ogni tipo.
Fausto parla poco, ma mi offre da mangiare dei ravioli insacchettati che ha appena comprato. Ilario è più giocondo e prova a intavolare un discorso, che ahimè né lui né io capiamo. Ha degli occhi gentili e lo sguardo mite. Sono felice di averlo come compagno di viaggio. Enzo carica tutti i bagagli in cima al fuoristrada.

Alle 12 siamo ancora solo in 3 passeggeri. Enzo aspetta. Io, Fausto ed Ilario pure.
Alle 13, tutto come sopra.
Alle 13:30, mentre addento nervoso dei semi che Enzo mi ha gentilmente offerto e che mi fanno tanto sentire un piccione, riceve una telefonata.
Mette giù e mi dice qualcosa che non capisco, ma che è chiaramente un: “In auto, si parte!”
“Figata. Se siamo solo in 3 sarà un viaggio comodo e veloce.” – penso tra me e me.
Enzo dà subito gas e si dirige verso un distributore alla periferia di Ganzi. Mentre la benzina scorre io mi preparo un giaciglio coprendo tutti i sedili posteriori e mi sdraio, pregustandomi una bella ronfata.
Enzo paga, poi sposta l’auto di qualche metro. Spegne il motore. Non capisco.

Passa mezz’ora. Sono già le 2 del pomeriggio e non siamo ancora partiti.
Dopo poco ecco un’altra telefonata.
5 minuti ancora ed arriva una nuova auto.
Ne scendono 7 persone, 5 uomini e due donne. I bagagli vengono subito stipati nel fuoristrada ed i sedili si riempiono in pochi istanti.
Enzo e le 2 donne davanti. Fausto, Ilario e due ragazzi sui sedili di mezzo. Io ed altri 3 sui sedili posteriori. Addio pennica.

Partiamo che sono passate le 2 da un quarto d’ora ed Enzo ingrana subito la quinta. Divora chilometri ad una velocità incredibile, sfrecciando sugli altipiani tibetani tra camion e automobili imbarazzate come se nulla fosse. Di tanto in tanto si ferma per una breve sosta (ora per salutare un amico, ora per permettere i vari bisogni), ma mantiene un’andatura di tutto rispetto, con picchi di 100 km/h su strade e passi a oltre 4000 metri d’altitudine. Osservo stupito la bellezza di questi luoghi, mentre passiamo la cittadina di Manigango e poi altri agglomerati di case e tendate di nomadi. Il mio vicino di sedile ha voglia di chiacchierare con me e, utilizzando i traduttori automatici del suo smartphone, mi pone domande del tipo “l’Italia è un paese d’acqua, vero?”.
“Duí.” – rispondo, sfoggiando il mio limitatissimo mandarino. Esatto.
Poi faccio finta di addormentarmi.

Trascorrono i chilometri, così come le ore.
Alle 19 raggiungiamo Shiqu, l’ultima città del Sichuan ed avamposto sulla confinante provincia del Qinghai. Yushu dista ancora 150 km.
Qui a Shiqu Enzo si ferma. Tutti scendono ed iniziano a scaricare i propri bagagli.
“Ma come? E Yushu?”, chiedo stupefatto a Enzo.
“Yushu, Yushu, no problem!”, risponde lui mentre indica gli altri ragazzi in attesa. 4 di loro se ne vanno. Fausto e Ilario sorridono e si preparano ad una nuova attesa.

In pochi minuti giunge una nuova automobile. 3 passeggeri sono già su. Il guidatore – che soprannomino Glauco – sceglie 4 di noi e ci fa cenno di salire. Pago 100 Yuan a Enzo (che mi fa capire di dare gli altri 50, una volta a Yushu, a Glauco), poi saluto Fausto ed Ilario che, con i loro numerosi sacchi, dovranno aspettare un altro passaggio. Ilario sorride ed è sereno. In qualche modo mi tranquillizzo anch’io.

Il sole inizia la sua discesa quando lasciamo alle spalle Shiqu, partendo in salita alla volta del Qinghai. L’auto è piena e non è più un fuoristrada. Arranca a 30 km/h per raggiungere un passo a 4300 metri, e intanto Glauco si gasa con della musica tibetana che mi fa rimpiangere le ballate stonate del Laos.
Fortunatamente le vallate circostanti sono ancora mozzafiato, ed i colori del tramonto stemperano il mio nervosismo, concedendomi immagini di irreale bellezza.

Sono quasi le 20:30 quando Glauco si ferma per un pipí – stop a 4700 metri, appena varcato il passo che immette nel Qinghai.
Il buio arriva di colpo, ma la discesa mette le ali al motore e, raggiunta una pianura a 60 km da Yushu, ecco un’autostrada!
Il mio telefono ritrova campo e così riesco a prenotare una Guesthouse a Yushu. Molto cara (il quadruplo di quanto sono solito pagare per gli ostelli in Cina), ma è l’unica che vedo online ed io, provato come sono, non ho voglia di mettermi a cercare una bettola cinese nel mezzo delle ombre di Yushu.

Arriviamo in città che sono le 21 passate. Scarico zaino, borsa e bici e tiro fuori 50 Yuan per Glauco.
“70!” – chiede lui, come offeso.
“No amico, sono 50. Non imbrogliare.”
“70!” – e non si muove, indicandomi la bici.
Forse vuole un surplus per l’extra bagaglio, o forse vuole solo più denaro. Sono stanco e devo ancora raggiungere la Guesthouse, situata a 7 km di distanza da dove sono.
Non ho voglia di litigare, così gli allungo altri 20 Yuan. Grazie Glauco. Grazie veramente. E, in maniera molto zen, vaffanculo.

Raggiungo il mio alloggio alle 22.
Per strada solo tibetani dallo sguardo stupito.
Mi viene da ridere e da fischiettare.
Abbraccio Jenny, la ragazza della reception, e poi mi butto sul letto.
Sono contento di avercela fatta – in qualche modo – anche questo volta; eppure il mio pensiero torna a qualche ora prima, al tramonto sulle ultime montagne del Sichuan.
Quando Glauco si era fermato per fare una fotografia ad un accampamento di tende nomadi ed io mi ero sentito ridicolo mentre, nel mezzo di futili preoccupazioni per una sola notte di cui non sapevo ancora l’esito, i miei occhi incontravano quelli di una famiglia seduta a fianco al fuoco – neonato in braccio, coperte di lana sulle spalle – in attesa di un’ennesima notte tibetana, ormai incombente.

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14 Agosto, Yushu ◀ Giorno 321 🇨🇳 ▶
Se a Ganzi avevo avuto la sensazione di essere il primo occidentale ad entrare in città, a Yushu la sensazione è diventata certezza assoluta. Una certezza grama.

Sarà perché ho speso tante energie per arrivarci.
Sarà perché le uniche sistemazioni per dormire erano care e fatiscenti.
Sarà perché la città – rasa al suolo da un terremoto nel 2010 – sembra sia stata ricostruita da un mago di Oz malefico, che ha provato ad incastonare rimembranze tibetane sopra cubi di cemento e neon cinesi, creando risultati imbarazzanti.
Sarà perché la foschia mattutina si mischiava ad una mestizia generale, carica di sudore, smarrimento e lamenti.
Sarà perché non si vedevano le montagne come in Sichuan.
Ma sta di fatto che Yushu, per me, è stata sinonimo di strano disagio.
Disagio da cui ho scelto di fuggire dopo neanche un giorno … con un autobus diretto a Xining.

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15 e 16 Agosto, Xining ◀ Giorni 322/323 🇨🇳 ▶
Quelle città di passaggio, ma che segnano un cambiamento. Che demarcano un confine, netto quanto immaginario.
Ecco cos’è per me Xining, capitale del Qinghai.

Era successo qualcosa di simile, lo scorso anno, quando passai per Ulan Ude, capitale della Buriazia russa; lasciavo dietro di me le statue di Lenin e l’immensitá della Russia, e mi apprestavo a scendere verso la Mongolia e quindi la pancia dell’Asia. Fu a Ulan Ude che vidi il primo di innumerevoli templi buddhisti. Fu lí che notai il vero cambio di fisionomia, credenze, cibo e cultura tra ciò che rimaneva dietro alle mie spalle e quello che avrei scoperto in seguito.

A Xining è successa la stessa cosa.
Ad Est, la Cina profondamente Cina.
Dietro di me, le montagne e le genti tibetane del Sichuan.
A Nord-Ovest, la Via della Seta.
Ed è lì che sono diretto.

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17 Agosto, Turpan ◀ Giorno 324 🇨🇳 ▶
Bene ragazzi.
Dopo aver lasciato Xining all’alba, dopo aver attraversato 1600 km in otto ore di treno veloce, dopo aver passato – sguardo al finestrino – deserti, montagne aride, migliaia di pale eoliche e lande terribilmente desolate, ed essere cosí arrivato nella bollente Turpan, provincia dello Xinjiang … ebbene … ora posso dire di sentirmi davvero lontano da tutto.
Nel mezzo del nulla atavico.

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18 Agosto, Turpan ◀ Giorno 325 🇨🇳 ▶
Poi arrivi in una città che non avevi mai sentito nominare fino a poco tempo fa, Turpan, e ti accorgi – ancora una volta di più – di quanto sia incredibilmente vasto, disturbatamente vario ed ignobilmente bello questo assurdo paese chiamato Cina.

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19 Agosto, Turpan ◀ Giorno 326 🇨🇳 ▶
Quando due giorni fa, appena sceso alla stazione di Turpan, scrissi di essere arrivato nel mezzo del “nulla atavico”, in realtà ignoravo ancora molte cose di questo luogo.

Situata a 154 metri sotto il livello del mare (curioso pensare che meno di una settimana fa ero a quasi 5000 metri sopra), l’odierna Tulufan (in Cinese) / Turpan (in Uiguro), è la seconda città più bassa della terra (ignoro quale sia la prima).
È il punto più caldo della Cina, ed uno dei più caldi del mondo. Tuttavia, pur essendo circondata da montagne e deserti, è un’oasi estremamente fertile e rigogliosa; a testimoniarlo vi sono le coltivazioni estensive di uva di oggi, così come i reperti storici ritrovati che documentano di come già fosse abitata in età preistorica.
Nel corso dei secoli é passata sotto innumerevoli dominazioni – da quelle turco/mongole a quelle tibetane, dalle dinastie cinesi agli zar russi, dai persiani alle tribù dell’Asia centrale – subendo influenze di ogni tipo, finanche indiane, giapponesi e chissà che altro.
Oggi è ufficialmente una città cinese, in pieno territorio uiguro; la lingua locale è più simile al turco e all’arabo piuttosto che al mandarino, ed è chiaro come gli autoctoni vivano in estrema depressione la padronanza ed il pugno duro di Pechino. Punti di blocco, controlli militari e metal detector si trovano ovunque, ed i cinesi sono sospettati largamente di più di ogni altra nazionalità.

Insomma, una città estremamente complessa (da Wikipedia, queste sono le etnie oggi presenti a Turpan: Uiguri, Han, Hui, Tujia, Manchu, Tu, Mongoli, Tibetani, Kazaki, Miao, Russi, Zhuang, Dongxiang, Iraniani), dove si respira un’aria ora ispiratrice ora annichilente, e particolarmente ricca di storia.
Ho avuto modo di scoprirlo ieri, visitando le rovine della città di Jiaohe, antico punto di snodo per le carovane dei mercanti, indietro di secoli prima di Cristo.

Per me invece, semplicemente, Turpan è dove ufficialmente il mio percorso incrocia la mitica via che, fin da quando sono ripartito, è quella che intendo seguire.
È qui che – oggi lo si può dire – inizia davvero la mia Via della Seta.
A ritroso.
E verso casa.

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20 e 21 Agosto, Kashgar ◀ Giorni 327/328 🇨🇳 ▶
“Are you sure you’re still in China, buddy?”

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22 Agosto, Kashgar ◀ Giorno 329 🇨🇳 ▶
Mi sono fermato, questo è il fatto.
Terzo giorno di fila a Kashgar, e vi rimarrò ancora un poco.
No, non mi sono innamorato e non ho nemmeno trovato lavoro.
Semplicemente, dopo un percorso rapido che mi ha portato da Hong Kong allo Xinjiang, attraversando la Cina da sud-est a nord-ovest in una ventina di giorni, avevo bisogno di una piccola pausa.
Di già.
Sì, insomma, urgeva una breve sosta e soprattutto era arrivato il momento di iniziare a pensare seriamente alle prossime mosse.
Ai prossimi paesi.
Alla strada da percorrere.
E poi adoro vagare per le viuzze di una città dalla storia imponente, che mi ha catturato fin dal primo giorno, che è Cina ma non è Cina, dove l’Asia Centrale non è più un miraggio – anzi, è ormai a due passi – ed il Medio Oriente sembra già dietro l’angolo.
Dove ogni cosa sembra stare al suo posto e dove al contempo tutto è sottosopra.
E dove le verità traspaiono soltanto in un elemento, impossibile da confondere.
Gli occhi delle persone.

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23 Agosto, Kashgar ◀ Giorno 330 🇨🇳 ▶
Sentivo che mi mancava qualcosa, ma ora .. ora no!
Sono pronto ad andare in Kyrgyzstan!
Comunque altro che Marco Polo … qui si cerca di emulare un altro personaggio mitico.
Toad, di Super Mario.

[ 23 Agosto 2017 ] Kashgar (Xinjiang, Cina). Città Vecchia. 7 pm.

24 Agosto, dalla Cina al Kirghizistan ◀ Giorno 331 🇨🇳 ▶

VIDEO

http://bicicladi.com/wp-content/uploads/2018/02/Video-Irkeshtam.mp4

 

Pensavo che non avrei mai battuto, in termini di ore e attesa, la tratta Ganzi – Yushu di qualche settimana fa … e invece dovevo ancora provare ad attraversare il confine cinese-kyrgyzo del Passo di Irkeshtam.
Ecco una “breve” cronistoria (che è per me anche un esercizio di memoria) della giornata interminabile di ieri.

Ore 7:01 (fuso di Pechino, sul fuso di Kashgar – che è poi anche quello kyrgyzo – sono le 5:01, ma qui è tutto regolato su Pechino) > suona la sveglia.

7:13 > colazione frugale in ostello con Fernando e John, due ragazzi che intendono attraversare il confine oggi e con cui condividerò il viaggio. Piove. Governo ladro.
7:31 > ci dirigiamo sotto la pioggia verso la strada più vicina alla Città Vecchia di Kashgar per cercare un taxi che ci porti alla stazione degli autobus (lontana 10 km).

7:47 > arriviamo in stazione. È chiusa. Poche persone fuori ad attendere e non sappiamo quando aprirà.
8:02 > scopriamo che la stazione apre alle 7:30, ma ora locale. Fra un’ora e mezzo. Piove ancora. Decidiamo di contrattare per un nuovo taxi verso la cittadina di Wuqia, dove si trova il primo checkpoint. 97 km da Kashgar, 150 km al Passo.

9:30 > arriviamo a Wuqia, dove il tassista ci scorta fino ad un negozietto di ravioli (per la colazione), troviamo un cambio Yuan / Som e poi ci spostiamo a piedi verso il checkpoint. Non piove più fortunatamente.
10:05 > siamo accolti da 3 gendarmi presso la sala d’attesa dell’enorme checkpoint. Ha appena aperto, siamo i primi avventori. Tutto sembra semideserto. I passaporti ci vengono ritirati e compiliamo il form d’uscita dalla Cina.
10:45 > arrivano una coppia di Australiani ed una famiglia di Uzbeki con decine di bagagli. Il passaporto è ancora sotto osservazione in qualche ufficio. Attendiamo.
11:01 > un gendarme ci riconsegna i passaporti e possiamo passare ai controlli formali. Bagagli allo scanner. Il timbro d’uscita avviene qui, a 150 km dal confine fisico.
11:10 > siamo dall’altro lato del checkpoint, ma sempre sotto l’edificio. Siamo invitati ad attendere ancora: il nostro passaporto torna in un altro ufficio, e nel frattempo i gendarmi organizzano per noi un nuovo trasferimento in auto fino al confine (non è possibile fare altrimenti).
11:30 > attendiamo i passaporti. Il guidatore attende con noi.
11:45 > John si addormenta. Fernando, dall’aspetto pakistano, viene tempestato di domande da un ufficiale a riguardo dei suoi spostamenti sospetti in Xinjiang del Sud. Semplicemente Fernando ama scalare le montagne. Io vago per lo stanzone ed i cortili, in cerca di un perché. Potrei tornare indietro camminando facilmente.
12:00 > John si risveglia e si accorge di aver dimenticato il sacchetto con la frutta dall’altro lato dei controlli. S’incammina per riprenderlo. Il salone è deserto e nessuno controlla che cosa stia facendo. Ritorna indisturbato con la frutta.
12:15 > i passaporti sono consegnati al nostro guidatore, che finalmente si prepara a partire.
12:25 > dopo aver atteso ancora che si riempissero altre 2 auto (con i 2 Australiani, un cinese e la famiglia di Uzbeki coi bagagli), il convoglio parte.

12:28 > ultimo controllo passaporti alla barriera in uscita di Wuqia.
12:31 > un altro controllo. Quello di prima era il penultimo. 145 km al Passo.
12:50 > un nuovo checkpoint. Controllo passaporti e bagagli allo scanner. La bici rimane sull’auto. Così anche il sacchetto di frutta di John.

13:45 > ci fermiamo a pranzare a pochi chilometri dal confine ufficiale. Non possiamo ancora passare, dal momento che è chiuso per pausa pranzo. Le montagne sono aride e brulle, il fiume che scorre sotto l’ultimo villaggio di lavoratori cinesi è torbido e marrone. Il sole battaglia col nevischio. Il Passo (a quasi 4000 metri) è ormai vicino.
14:30 > la zuppa di pollo, verdure e riso abbiocca i tre guidatori. Attendiamo. Tanto.
16:00 > i guidatori si ridestano. Ripartiamo. Il confine, lontano ormai solo una manciata di chilometri, ha riaperto.

16:15 > blocco degli ufficiali di confine. I passaporti di tutti i passeggeri dei 3 convogli vengono portati in un nuovo ufficio per un nuovo controllo. Due soldati ispezionano i bagagli. Nessuno controlla la Brompton o la frutta di John.
16:45 > i passaporti tornano nelle mani dei guidatori, che ci scortano fino ad un cancello poco più in là. Quattro soldati compilano nomi e nazionalità in un quaderno. A quadretti. Tipo quelli per giocare a battaglia navale. Uno dei soldati sale in auto con noi.
16:55 > siamo ufficialmente fuori dalla Cina, ma prima della dogana kyrgyza vi sono 7 chilometri di terra di nessuno. Per 4 chilometri le tre auto proseguono insieme, ognuna col suo soldato; dall’altro lato della strada, una fila ininterrotta di camion che attenderanno giorni prima che le loro merci vengano passate al setaccio e quindi di poter entrare in Cina.

16:59 > un filo spinato imponente segnala la fine della Cina. I guidatori non sono autorizzati a continuare e ci scaricano lì. Nel nulla circondato dalle montagne. Mancano 3 km alla dogana kyrgyza. John, Fernando ed altri 3 trovano un passaggio in auto, io finalmente posso pedalare libero. La famiglia Uzbeka aspetterà altri passaggi. Scatto una foto alla mia bici, proprio sul confine.
17:00 > saluto guidatori e soldati, e salto sui pedali. La catena è rotta. Cazzo. Rotta?! Cazzoooooooooo! Guardo le montagne che mi circondano. Nella terra di nessuno, appena lasciata alle spalle la Cina, non posso far altro che sorridere al cielo e mettermi a camminare.
17:15 > al quarto tentativo di autostop, un camion si ferma e mi carica. Non devo perdere troppo tempo, John e Fernando devono aver già passato il confine e mi stanno aspettando per trovare un passaggio verso Sary-Tash. Spero.

15:30 > no, non sono tornato indietro nel tempo. In Kyrgyzstan non vige l’orario di Pechino e la dogana ha appena riaperto. John e Fernando sono già passati, ma non li vedo. I soldati kyrgyzi mi salutano e mi indicano l’ufficio in cui entrare. Un ragazzo segna il mio nome su un foglio a righe, un ufficiale controlla il mio passaporto.
“Italia! Monica Bellucci, Toto Cutugno!”
“Eh già amico, che bello il mio Paese vero?”
“Davai!”
2 minuti. Il timbro. Zero controlli. Corro alla ricerca di John e Fernando.

15:45 > li vedo. Sono subito dopo il cancello d’ingresso in Kyrgyzstan, di fronte ad alcune auto. Stanno contrattando il prezzo per Sary-Tash (a soli 80 km). I guidatori sono poco più che ragazzi. Alcuni sorridono timidi, altri hanno lo sguardo truce. Uno di questi chiede 2000 Som a testa. 25 euro. Una follia. Inizia il gioco. E nessuno ha mai controllato la frutta di John.

16:00 > ci allontaniamo di pochi metri. Svariati camion sono anche qui in attesa dei controlli, a lato sorgono alcune baracche improvvisate a bar o stanze per dormire. Alcune famiglie vivono qui, sfruttando le esigenze dei camionisti. Tre bambini giocano con noi e ci invitano a rimanere a dormire in locanda.
16:45 > un nuovo ragazzo si avvicina e ci propone 1500 Som a testa per Sary-Tash. Noi non vogliamo spenderne più di 800. Una pacca sulla spalla e grazie. Nel frattempo ha ripreso a piovigginare. La coppia australiana ed il cinese hanno trovato un passaggio per Osh (a 260 km). Per un attimo ho pensato di andar con loro, anche perché ora come prima cosa devo riparare la bici e Sary-Tash è soltanto un villaggio, ma non voglio lasciare John e Fernando da soli a pagare un’auto. Alcuni guidatori se ne sono andati e le nostre opzioni lentamente diminuiscono. Ipotizziamo di rimanere in tenda una notte al confine, o sfruttare una delle locande.

17:00 > fischietto vicino ad uno dei ragazzi/guidatori. Ruzik, così si chiama, mi fa l’occhiolino e mi lascia intendere che con 1000 Som a testa ci può portare a Sary-Tash. Ancora troppo. Chiedo quanto vuole per andare a Osh. Risponde 2000 Som. Torno da John e Fernando. Aspettiamo nuove offerte.
17:30 > nulla. Però almeno è uscito il sole. Dormire al Passo non fa più così paura.
18:00 > Ruzik carica l’auto. Lui ed un altro guidatore si divideranno la famiglia Uzbeka, appena arrivata. Ha ancora dei posti liberi e mi fa segno di andar da lui. Chiede ancora 1000 Som a testa per Sary-Tash. Lo ringraziamo, ma non accettiamo. È tardi e non ci saranno altri avventori, così come altri guidatori. Siamo gli uni l’ultima speranza dell’altro. E viceversa.
18:15 > Ruzik accende il motore e si avvicina lentamente, salutandoci dal finestrino. Poi accosta. Io e Fernando lo raggiungiamo. Ruzik è diretto a Osh, ma Sary-Tash è sul percorso. Chiudiamo che a 1700 Som mi porterà ad Osh e che per 750 a testa John e Fernando scenderanno a Sary-Tash.

19:00 > saluto John e Fernando, a Sary-Tash. Il villaggio, situato sopra un altipiano che sembra esploso dal cappello di un mago, è un gioiello. Mi dispiace non rimanervi, ma la notte mi aspetta a Osh. John cerca una Guesthouse, Fernando sceglie le montagne. Gli 80 km dal confine al villaggio – una lunga lingua d’asfalto pressoché vuota, tra passi, praterie e greggi di animali selvaggi – sono stati di una bellezza dolorosa. I 180 km che ancora mi separano da Osh – dove arriverò alle 21 passate (23 di Pechino), trovando un italiano che ha cucinato pizza in ostello per tutti e mi invita con un abbraccio – tra valli, villaggi, fiumi e tramonto tra i picchi … non saranno da meno.

Il mio Kyrgyzstan è appena cominciato, eppure già me ne sono innamorato.
Ma questa è tutta un’altra storia.
Che comincia da domani.

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_______________________________________________________________________________________________

MAPPA DEI LUOGHI

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CINA (Via della Seta)

Caricamento delle mappe in corso - restare in attesa...

Hong Kong (29 Luglio): 22.396428, 114.109497
Yangshuo (30 Luglio - 2 Agosto): 24.767876, 110.440235
Liuzhou (3 Agosto): 24.337713, 109.414215
Chengdu (4 Agosto): 30.669810, 104.061127
Kangding (5-6 Agosto): 30.016787, 101.936646
Tagong (7-10 Agosto): 30.094643, 101.782837
Ganzi (11-12 Agosto): 31.709476, 99.942627
Yushu (14 Agosto): 33.032269, 97.087555
Xining (15 e 16 Agosto): 36.640325, 101.754684
Turpan (17-19 Agosto): 42.992595, 89.171906
Kashgar (20-23 Agosto): 39.548530, 75.956726
Irkestham (24 Agosto): 39.723032, 73.907776

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