Una leggenda dei Buriati – il popolo che abita da secoli le terre Siberiane nei pressi del Lago Baikal – narra di un uomo dell’Isola di Olkhon che aveva dei poteri sovrannaturali.
Un giorno quest’uomo decise di trasformare i suoi 3 figli maschi in 3 aquile, permettendo loro così di essere liberi di volare ovunque, a patto che mai, e per nessun caso, osassero cibarsi di carne morta. I 3 ragazzi, felici di poter sfruttare la loro nuova estrema libertà, giurarono al padre che avrebbero mantenuto la richiesta, ed iniziarono a scoprire l’isola. Sul far della sera, però, sperduti ed affamati, trovarono soltanto un animale morto e così se ne nutrirono. Quando il padre lo venne a sapere, offeso ed adirato, tramutò i 3 sventurati in 3 rocce e li scaraventò nel Lago.
Da allora, queste tre rocce sorvegliano il lato occidentale dell’Isola dei pressi di Capo Khoboy, e mai più – come carne morta – sarà loro permesso di muoversi.
Non conoscevo questa leggenda, e con sincerità devo dire di averla appresa solo poche ore fa, mentre ricercavo notizie e storia del luogo dove ho avuto la fortuna di rimanere per alcuni giorni, tornandone stregato.
Non leggo mai molto a riguardo di una meta, prima di recarmici.
So di commettere un errore, così facendo, ma è anche vero che mi è più facile stupirmi – o meno – se le mie sensazioni non vengono precedentemente contaminate da aspettative di alcun tipo.
Nel mio secondo giorno sull’isola, dopo essere stato accolto – complice il fumo di un incendio a centinaia di chilometri di distanza – da un’atmosfera apocalittica e da silenzi surreali, spintomi a Nord col desiderio di esplorarla, ho scattato una fotografia ad una roccia le cui linee ed i cui spigoli tanto mi ricordavano le sembianze di un uomo barbuto ed imbronciato.
Quando ho letto della storia relativa alla Roccia dei Tre Fratelli, per un attimo ho sobbalzato; senza saperlo, eccolo lì.
L’avevo immortalato, il maggiore dei Tre.



Molte altre sono le leggende legate a questa terra che sembra vivere di un’armonia tutta sua, lontana dalla civiltà ed al contempo sempre più messa a repentaglio.
Per raggiungerla serve impiegare 7 ore – se va bene – di trasferimento da Irkutsk.
D’estate, o comunque quando il lago lo permette, l’unico collegamento è offerto da due piccoli traghetti che fanno la spola di continuo, garantendo spazio solamente per una dozzina di auto cadauno. Quando uno o due autobus vengono imbarcati, riempiono tutto e costringono le automobili dei turisti fai-da-te ad attendere il proprio turno; in alta stagione, talvolta, fino a due giorni impietosi di attesa.
Prendere o lasciare, this is Russia.
D’inverno, quando le acque cristalline del Baikal gelano, il ghiaccio – che può raggiungere anche i due metri di spessore – diventa un’autostrada gigantesca per ogni tipo di mezzo locomotore. Vengono installati segnali luminosi e corsie di marcia, ed è magnifico soltanto pensarlo.
Olkhon misura circa 70 chilometri ed è una delle isole lacustri più grandi del mondo; al suo interno prosperano specie animali e vegetali uniche al mondo e vi sorgono montagne, foreste, taighe, deserti, altri piccoli laghi e rari insediamenti umani.
Il principale, Kuzhir, posizionato alla metà esatta dell’isola, è un paesello di case di legno e polvere dove vivono circa 1000 abitanti – di cui la maggior parte Buriati – abituati da generazioni a sopravvivere in questo clima difficile e spesso implacabile: brevi estati aride si alternano a lunghi inverni micidiali, con temperature che possono arrivare fino a meno 40 gradi centigradi.
Al contrario di quanto si possa credere, le precipitazioni sono assai scarse – in tutte le stagioni – ed è forse questo il tratto distintivo di maggior interesse, dal momento che i colori della natura e dei cieli sono più o meno immutati da oltre 25 milioni di anni (studi recenti asseriscono che il Baikal sia il lago più profondo, più voluminoso – in termini di capienza idrica – ed antico del pianeta).
L’aria fosca e fumosa che ha accarezzato i miei occhi fin dal primo giorno non se ne è quasi mai andata, nemmeno a incendio domato (stando alle notizie in arrivo da Mosca).
Soltanto a tratti il vento è riuscito a spalancare le vedute delle montagne Siberiane in lontananza, alleviando la mia sensazione – quanto mai piacevole, tuttavia – di essere stato catapultato in un’altra dimensione, in un romanzo gotico, in un paesaggio lunare, o in un ricordo sbiadito, come quello di un sogno dai contorni confusi.



I Buriati sono legati, da sempre, a credenze sciamaniche.
Così come i loro antenati, rispettano la natura e ricercano un modo di vivere in simbiosi con essa, sebbene non sia facile crederlo viste le varie distese di spazzatura esistenti – non esiste un vero e proprio sistema di smaltimento rifiuti sull’isola – e gli scenari da turismo poco sostenibile che si prospettano nei prossimi decenni.
Il numero di viaggiatori e vacanzieri, provenienti da ogni parte del globo, che visitano il Baikal – ed Olkhon in particolare – è in costante ed esponenziale crescita, ogni anno.
Piccole guesthouses a gestione familiare è possibile che lascino spazio, a poco a poco, a hotel di diverse dimensioni e ad un’industria che tendenzialmente non è il partner ideale al concetto di simbiosi con la natura e a credenze sciamaniche, gialle o nere che siano.




Il turismo di massa – soprattutto quello Cinese – è già arrivato, e si temono invasioni da qui a pochi anni, con tutti i pericoli ad esse legati.
Tuttavia la Roccia dei Tre Fratelli, la Roccia dello Sciamano, le spiagge immacolate, le scogliere taglienti, i nastri variopinti dei Buriati appesi agli alberi, le pianure silenziose, le acque chiare ed i cieli cosparsi di visioni, sostanzialmente, non lo sanno.
O forse, solamente, se ne infischiano.
Ricordano soltanto che il sole torna ogni giorno a tramontare e a sorgere di nuovo, incurante di tutto questo.
Ogni volta con tinte diverse, una più spettacolare dell’altra, tanto che, in questo luogo, risulta impossibile poter eleggere un vincitore tra tramonti ed albe.
Sempre che, così come accade da oltre 25 milioni di anni, in mezzo a tanta bellezza, se ne riesca a intuire la differenza.


